IL TEATRO REGIO DI PARMA
Cuore pulsante della città capitale del “Paese del Melodramma”, il Teatro Regio di Parma è uno dei più bei teatri italiani, quindi del mondo. L’eleganza degli stucchi, l’armonia delle proporzioni, l’acustica perfetta e la storia prestigiosa, con la grandezza degli artisti che per quasi duecento anni hanno calcato le sue scene, il fascino incomparabile di Parma, città della musica, e il suo profondo e indissolubile legame, tra gli altri, con Giuseppe Verdi, Arturo Toscanini e Niccolò Paganini, rappresentano un patrimonio di valore assoluto, con un potenziale di sviluppo che ha pochi confronti.
In origine Nuovo Teatro Ducale, nato per volontà della duchessa Maria Luigia d’Asburgo- Lorena, moglie di Napoleone, inviata a reggere il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla dopo il Congresso di Vienna, il Teatro Regio di Parma, iniziati i lavori nel 1821 su progetto dell’architetto di corte Nicola Bettoli, inaugurò il 16 maggio 1829 con Zaira, opera composta per l’occasione da Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani. Sin dalla sua inaugurazione, il Teatro Regio di Parma è testimone e protagonista dei cruciali cambiamenti che investono il melodramma durante l’Ottocento e il secolo successivo, dalla fine dell’epoca legata al nome di Rossini alla supremazia del repertorio verdiano, dall’apertura alle esperienze francesi e tedesche, all’estrema evoluzione in senso realistico dell’opera italiana con Mascagni, Leoncavallo e Puccini ed ha visto esibirsi voci e artisti divenuti leggenda del melodramma, tra gli altri, Maria Callas, Montserrat Caballé, Rosanna Carteri, Mirella Freni, Raina Kabaivanska, Magda Olivero, Katia Ricciarelli, Renata Scotto, Renata Tebaldi, Fiorenza Cossotto, Carlo Bergonzi, José Carreras, Franco Corelli, Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano, Alfredo Kraus, Luciano Pavarotti, Renato Bruson, Piero Cappuccilli, Leo Nucci, Sesto Bruscantini, Boris Christoff, Nicolai Ghiaurov, Ruggero Raimondi, Cesare Siepi.
Le forme neoclassiche tinte di giallo-parma, le dieci colonne granitiche della facciata, l’ampia finestra termale affiancata dai bassorilievi dei due profili alati della mitica Fama che lo cingono d’alloro lo hanno reso tra i teatri d’opera più riconosciuti e celebri al mondo.
La maestosa Sala del Ridotto, dov’era il trono che Maria Luigia poteva raggiungere direttamente dalle stanze della propria residenza nel Palazzo Ducale, decorata di preziosi stucchi e affreschi, con i due grandiosi lampadari a goccia in vetro soffiato e i matronei che ospitavano le orchestre da ballo lasciano ammaliati. Ma è certo la Sala, il cuore del Teatro, a togliere il fiato con i morbidi velluti e le tappezzerie che vestono la platea e i quattro ordini di palchi con le iniziali di Maria Luigia incise sulle maniglie di ciascuna delle porte, gli stucchi e le dorature che Girolamo Magnani - decoratore che Verdi volle spesso al suo fianco in qualità di scenografo - rinnovò nel 1853 su incarico di Carlo III di Borbone, conferendo al Teatro, che dal 1848 assunse il nome di Regio, uno stile neorinascimentale, ricoprendo il décor neoclassico originariamente progettato da Paolo Toschi nelle tinte ducali dell’azzurro. In alto la galleria, il temuto Loggione del Regio, che col suo ruggito decreta il successo o la fine della carriera di un artista, sovrastata dalla volta dipinta da Giovan Battista Borghesi: poeti e drammaturghi in cerchio con al centro l’imponente astrolampo in bronzo dorato, forgiato dalle officine Lacarrière di Parigi, originariamente illuminato con candele o lampade a olio, quindi a gas nel 1853 ed elettrificato nel 1890.
Tra i pochissimi al mondo, il Teatro Regio vanta, perfettamente conservati, il sipario storico, anch’esso dipinto da Giovan Battista Borghesi, allegoria della Sapienza, con Maria Luigia ritratta nelle sembianze di Minerva assisa in trono circondata da dèi, ninfe, poeti e muse; l’orologio storico retroilluminato sull’architrave del boccascena, tuttora funzionante e recentemente restaurato; la camera acustica storica, dipinta da Giuseppe Carmignani, uno fra i rari esempi sopravvissuti all’uso e al tempo, che riprende le decorazioni dei palchi e si compone di pannelli di canapa montanti su cornici lignee, componibili telescopicamente per accogliere le più diverse formazioni orchestrali.
Il Teatro Regio di Parma, riconosciuto Teatro di Tradizione (art. 28 Legge 14 agosto 1967 n. 800), si è costituito Fondazione per iniziativa del Comune di Parma nel gennaio 2002 e promuove la diffusione dell’arte e della cultura teatrale, della musica, della danza, del cinema e dello spettacolo e l’educazione musicale della collettività, favorendo la coesione sociale della comunità. Non ha scopo di lucro e promuove inoltre la formazione professionale dei quadri artistici e tecnici.
VISION E MISSION
La Fondazione Teatro Regio di Parma ispira il proprio operato a principi etici che ne guidano l’esercizio nel segno di un’azione responsabile e sostenibile, per una crescita e un consolidamento sul piano progettuale e gestionale che mirino a una sempre maggiore efficienza organizzativa e a un assoluto rigore amministrativo. La sua vision coincide con l’emozionare, divertire, educare, tramandando il fascino e l’arte dell’opera, della musica, della danza, dello spettacolo dal vivo. Inoltre, accogliere, coinvolgere, arricchire la vita di ciascun spettatore.
Coltivare il talento, ovunque esso sbocci, è una delle missioni principali che la Fondazione svolge con senso di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni, coniugando la grande tradizione del melodramma con le grandi trasformazioni dei linguaggi artistici e della comunicazione.
Investire nella formazione artistica e professionale per formare e promuovere nuove generazioni di artisti e lavoratori, organizzare attività rivolte a diverse fasce di pubblico mirando all’allargamento del bacino d’utenza del teatro, promuovere relazioni produttive con altre istituzioni e teatri d’opera europei ed extraeuropei, sono alcuni tra gli altri obiettivi che guidano l’azione della Fondazione.
FESTIVAL VERDI
Il passato e il presente
Il Festival Verdi è il fulcro dell’azione programmatica della Fondazione Teatro Regio di Parma, sul quale si concentra il massimo sforzo produttivo e la maggiore esposizione mediatica. In autunno, intorno al 10 ottobre, data di nascita di Giuseppe Verdi, quando le sue terre, Parma e Busseto, vivono di colori e profumi unici e irripetibili, che toccano profondamente le corde del nostro immaginario, è in questo momento che vive il Festival Verdi: giorni vibranti di musica, opere, mostre, convegni per celebrare il Maestro. Sin dal 1913, anno del centenario della nascita, le terre verdiane hanno festeggiato il Maestro. In quella occasione vi fu una doppia celebrazione: a Parma, con la direzione di Cleofonte Campanini, e a Busseto, con il già leggendario Arturo Toscanini. Nel 1951, per il cinquantenario della morte, opere e concerti radunarono a Parma i più grandi interpreti. Nel 1989 nacque il Verdi Festival: una manifestazione che, all’insegna dell’unione produttiva di pubblico e privato, grazie al sostegno del gotha dell’imprenditoria parmigiana, offrì un mese ricchissimo di opere, concerti e manifestazioni collaterali prestigiose. Il Festival Verdi inaugurò nel 2001, centenario della morte di Giuseppe Verdi, e da allora straordinari interpreti, giovani talenti e indiscussi maestri come Bruno Bartoletti, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Daniel Oren, Antonio Pappano, Yuri Temirkanov si sono susseguiti, portando al successo opere acclamate presso la stampa specializzata e il pubblico.
L’edizione 2017 del Festival Verdi ha confermato i risultati record dell’anno precedente con oltre 23.000 spettatori, a cui si sono aggiunti i quasi 20.000 di Verdi Off, e un incasso complessivo di oltre 1.300.000 euro e ha posto in evidenza, con un considerevole aumento degli spettatori stranieri, la vocazione internazionale del Festival Verdi e la sua forte attrattività verso il pubblico internazionale, proveniente per la prima volta da tutti e 5 i continenti. A coronarne il successo il premio come Miglior Festival agli International Opera Awards 2018, per il quale erano in lizza tra gli altri i festival di Bayreuth e Glyndebourne, insieme alle nomination nelle categorie “New Production” per Stiffelio nell’allestimento di Graham Vick e “Young singer” per Isabella Lee, vincitrice del Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto e Violetta in Traviata al Teatro Giuseppe Verdi di Busseto. A Stiffelio è stato inoltre assegnato il Premio speciale del XXXVII Premio della Critica musicale “Franco Abbiati”. Macbeth, Un giorno di regno, Le Trouvère, Attila sono le opere andate in scena al Festival Verdi 2018, anno della sua XVIII edizione, a Parma e Busseto dal 27 settembre al 21 ottobre. 4 opere, 3 nuovi allestimenti in 3 teatri diversi, 3 orchestre, 2 cori, 6 commissioni in prima assoluta, 25 eventi per 70 appuntamenti in 25 giorni.
Il futuro
Forte dei dati record delle passate edizioni, il Festival Verdi vuole connotarsi sempre più come festival internazionale, meta imprescindibile di ogni appassionato d’opera. La grande sfida è confermare e consolidare questi risultati, perché questi non sono dati acquisiti per sempre, ma occorre un costante sforzo per evitare in futuro sbalzi e ricadute. Un consolidamento che dovrà procedere necessariamente sulle strade già tracciate: in primis la scelta irrinunciabile di proseguire, col fondamentale supporto del Comitato scientifico di recente istituzione, nel percorso filologico, avviato in collaborazione con Casa Ricordi, per l’adozione e l’esecuzione di edizioni critiche, accanto a quella, altrettanto importante, della scelta di messe in scena innovative, per originalità di linguaggi e profondità di analisi dei testi. La riacquisizione dei monumentali spazi del Teatro Farnese insegna che uno spazio può diventare parte integrante di un progetto, di una visione che nasce e si sviluppa su di esso e acquista senso da esso e ne restituisce allo spazio stesso: sarà pertanto importante trovare spazi altrettanto e diversamente suggestivi, che in una città come Parma non mancano, da far riscoprire e vivere alla cittadinanza. Come ha fatto del resto in questi anni Verdi Off, la rassegna che accompagna il Festival, dedicata a un pubblico trasversale; e come continuerà a fare, con una sempre più articolata proposta sia negli eventi sia nei luoghi della città da invadere e da condividere.